Si sono registrati livelli di volatilità senza precedenti quest’anno sui mercati obbligazionari globali. I nostri esperti nell’obbligazionario a gestione attiva illustrano cinque aspetti che possono aiutare gli investitori a far fronte a turbolenze sui mercati dell’obbligazionario governativo e societario e come stanno posizionando i portafogli in prospettiva futura.
Ales: C’è stata grande incertezza sui mercati dell’obbligazionario governativo quest’anno, in particolare per i Treasury americani che hanno registrato un brusco rialzo dei tassi ad aprile, con oltre 50 punti base di aumento in una sola settimana del tasso del decennale.
Molta della volatilità è stata dovuta alla dicotomia tra le rilevazioni di fiducia in calo e i dati dell’attività economica che si sono rivelati relativamente robusti. Questo ha comportato episodi di forti oscillazioni sui mercati che cercavano di interpretarne via via le implicazioni per l’economia e i tassi ufficiali.
Sia negli Stati Uniti sia in Europa, l’economia ha dato prova di sorprendente resilienza sinora quest’anno, nonostante i timori di rallentamento della crescita e di pressioni sui prezzi per via dei dazi. Pensiamo che possa servire da insegnamento agli investitori a non prestare troppa attenzione alle notizie e a focalizzarsi invece sui dati effettivi e sui loro segnali, che sono la chiave per capire se i tassi di interesse scenderanno o saliranno.
Riguardo alla politica monetaria degli Stati Uniti, nel nostro scenario di base prevediamo tuttora due tagli dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed), da 25 punti base ciascuno, prima della fine del 2025. Tuttavia, non escludiamo la possibilità che la Fed decida di mantenere i tassi invariati, anche se i dazi comportassero una fiammata dell’inflazione, se i consumatori continueranno a spendere e il quadro si manterrà relativamente stabile.
Sarang: Per l’obbligazionario in generale, e per il credito in particolare, l’outlook è tuttora ampiamente di supporto e favorevole. Nel 2025, i mercati del credito sono stati la storia positiva nella volatilità. A livello globale il credito investment grade ha sovraperformato la curva dei governativi e i rendimenti sono stati meno volatili in quanto gli spread hanno esercitato una funzione di diversificazione rispetto alla volatilità dei mercati dell’obbligazionario governativo.
Le imprese hanno affrontato una quantità di sfide senza precedenti negli ultimi cinque anni, dalla pandemia di Covid-19, all’impennata dell’inflazione, al marcato rialzo dei tassi d’interesse, alle elezioni dell’anno scorso e, adesso, l’incertezza sui dazi. I bilanci societari sono diventati molto più resilienti e le imprese meglio attrezzate per far fronte a un’ampia gamma di esiti economici.
Nel nostro scenario di base prevediamo che gli spread e i tassi del credito oscilleranno in una banda ristretta nei prossimi 1-2 anni. Non è necessariamente negativo per gli investitori. Tassi di partenza più alti implicano che il credito di alta qualità può offrire rendimenti oltre il cinque percento in gran parte degli scenari di mercato, il che riteniamo sia un risultato di tutto rispetto per qualsiasi classe di attivo sull’orizzonte dei prossimi due anni.
Anche se gli spread sono bassi, potrebbero ridursi ulteriormente a nostro avviso. Supponendo che l’inflazione resti contenuta e la domanda solida, non c’è motivo per cui gli spread non potrebbero comprimersi ulteriormente nei mesi a venire.
Ales: Ad aprile, le aste dei Treasury a più lunga scadenza sono state oggetto di grande attenzione dopo che una normale asta del trentennale è andata meno bene del previsto, alimentando preoccupazioni riguardo alla fiducia degli investitori negli attivi americani. Le aste fungono da utile barometro delle dinamiche di domanda e offerta sul mercato dei Treasury in quel dato momento e il loro esito non è il riflesso della solidità a lungo termine del bilancio federale degli Stati Uniti o un segnale che gli investitori stiano evitando i Treasury nei loro portafogli. Le obbligazioni a lunga scadenza in effetti svolgono un ruolo minore in termini di finanziamento dei governi, rappresentano circa il 5% dei programmi di emissioni complessive in gran parte dei Paesi.
Ales: Le curve delle obbligazioni governative in gran parte dei principali mercati stanno diventando più ripide negli ultimi anni. Questo ha creato più volatilità sui titoli a più lunga scadenza ma anche opportunità per i nostri portafogli a gestione attiva. Ad esempio, a gennaio 2025, il nostro team di gestione attiva ha assunto una posizione di sovrappeso sui Gilt a lunga scadenza dopo che i tassi del decennale e trentennale britannico sono saliti al livello più alto da 20 anni. Quelle posizioni hanno generato robusti rendimenti e dimostrano come i gestori attivi possano conseguire alfa significativo rispetto al benchmark con allocazioni in obbligazionario core. Ci aspettiamo che la volatilità sulla porzione a lunga scadenza delle curve dei governativi continui.
Sarang: La diversificazione globale è stata solitamente associata all’azionario ma è valida anche per i portafogli obbligazionari. Una allocazione obbligazionaria diversificata a livello globale che distribuisce l’esposizione su più aree geografiche è uno strumento sempre più di valore nel contesto di oggi in quanto aiuta gli investitori a ridurre il rischio di concentrazione e attingere a opportunità su scala globale. Avvalersi di un gestore obbligazionario attivo capace di individuare opportunità globali in contesti d’incertezza a livello di singolo titolo è cruciale per conseguire alfa con regolarità per gli investitori.
Ales: Si è parlato molto di abbandono degli attivi americani e di reindirizzo dei flussi degli investitori verso altri mercati ma non è così. Gli Stati Uniti rappresentano circa il 50% del mercato obbligazionario globale; nell’azionario, la quota americana è ancora più alta (intorno al 60%-70%). Non è possibile costruire un portafoglio diversificato su scala globale senza includere gli Stati Uniti.
Semmai molti investitori stanno ribilanciando la loro esposizione agli attivi americani, che hanno sovraperformato in modo significativo rispetto a quelli non statunitensi negli ultimi 15 anni.
La rotazione verso altri mercati ha anche frenato il dollaro, che si è deprezzato di oltre il 10% rispetto all’euro sinora nel 2025 e potrebbe indebolirsi di un ulteriore 5-10%, a nostro avviso. Il dollaro era tuttavia verosimilmente sopravvalutato prima, spinto al rialzo dalla sovraperformance americana. L’attuale flessione del dollaro sta riportando il suo valore rispetto alle altre valute più in linea con le medie storiche di lungo periodo.
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