Da qualche anno sottolineiamo quanto l’azionario americano sia diventato sopravalutato. Eppure, trainati dalle big tech, i listini americani continuano a registrare nuovi massimi storici. A differenza di quanto osservato con le dot.com oltre 25 anni fa, non necessariamente è una bolla speculativa.
I leader tecnologici di oggi stanno generando utili reali e robusti. Fattori come l’innovazione, la produttività, una regolamentazione favorevole e bilanci solidi delle imprese possono in parte giustificare prezzi alti dei titoli. Tuttavia, spesso il mercato si spinge troppo in là. Quando le valutazioni sono parecchio alte e le aspettative per il futuro ottimiste, il rischio di ribasso spesso supera il potenziale di rialzo.
Le valutazioni elevate da sole di norma non innescano correzioni di mercato. Rendono però il mercato più vulnerabile a choc come una recessione o eventi geopolitici, che possono scatenare una correzione. Inoltre i nostri studi indicano che su periodi più lunghi, intorno ai 10 anni o più, le valutazioni agiscono come una sorta di forza di gravità che alla fine riporta i rendimenti sulle medie storiche. Tuttavia, su orizzonti più brevi, la crescita economica e quella degli utili delle imprese rivestono un ruolo maggiore nel determinare la performance.
Pertanto, nel contesto di mercato attuale, occorre seguire da vicino gli sviluppi macroeconomici e la crescita degli utili. Nonostante le nostre stime di rendimenti più sottotono a lungo termine, la protratta crescita economica e degli utili assieme alle prospettive di tagli dei tassi da parte della Federal Reserve (Fed), per ridurre il rischio di contrazione, configurano quasi uno scenario Goldilocks1 e potrebbero continuare a supportare la performance del mercato americano a breve termine.
Tuttavia, rinnovati timori di recessione, crescita degli utili deludente o un allentamento della Fed inferiore alle attese (magari per l’inflazione ostinata e un aumento delle aspettative d’inflazione a lungo termine) potrebbero rappresentare rischi di ribasso per i mercati quando le valutazioni sono già molto alte. Lo stesso in caso di rallentamento degli investimenti legati all’IA, che sembrano avere sostenuto l’economia degli Stati Uniti quest’anno.
Le valutazioni dell’azionario americano sono alte anche con correzione del fair value

Nota: i grafici mostrano il CAPE (rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo economico) per l’indice MSCI USA in confronto a due stime di fair value. Quella con la metrica standard considera il livello dei tassi di interesse e il tasso di inflazione annualizzato a 10 anni. Quella con correzione considera l’inflazione annualizzata, il potenziale di crescita degli utili e il costo del debito al netto della tassazione di un’ipotetica impresa.
Fonte: elaborazioni di Vanguard sulla base di dati al 30 settembre 2025 tratti da sito di Robert Shiller, Bureau of Labor Statistics americano, Federal Reserve Board, Refinitiv e Global Financial Data.
Le valutazioni incidono sui rendimenti azionari a lungo termine

Note: questo grafico concettuale illustra i fattori che determinano la performance azionaria su diversi orizzonti temporali. Crescita economica e degli utili societari nonché momentum di mercato possono supportare valutazioni alte e sostenere i rendimenti a breve termine. Le valutazioni tuttavia contano di più a lungo termine.
Fonte: Vanguard.
Le aspettative sull’IA hanno rappresentato un primario fattore di spinta positiva per il mercato americano. Se il pieno potenziale dell’IA sarà realizzato, le imprese statunitensi potrebbero continuare a conseguire crescita robusta. Tuttavia quelle di altri Paesi, specialmente nei mercati sviluppati, potrebbero beneficiare ancor di più dell’IA una volta che avrà applicazioni diffuse, commercializzate e integrate nell’economia più in generale.
C’è il potenziale di rapidi guadagni nei mercati globali dove l’IA e l’automazione possono alimentare significativi miglioramenti di produttività e di efficienza consentendo alle imprese di quei Paesi di colmare il divario con le omologhe statunitensi. D’altro canto, se l’IA deluderà le aspettative, gli altri mercati ne risentiranno di meno rispetto agli Stati Uniti.
Non è solo l’IA che potrebbe spronare una maggiore crescita in altri mercati. In Europa, ad esempio, l’incremento delle spese per la difesa o politiche più orientate alla crescita potrebbero fare aumentare la produttività e gli utili delle imprese. In Giappone, il ritorno a una normale inflazione, la domanda interna più robusta e le riforme della corporate governance potrebbero far salire gli utili. Nei mercati emergenti, soprattutto in Cina, ci sono opportunità di innovazioni tecnologiche e incoraggianti svolte nelle politiche anche se persistono rischi dovuti a questioni strutturali e geopolitiche.
Inoltre, il dollaro forte ha dato un notevole contributo alla superiorità della performance degli Stati Uniti rispetto ad altre economie nell’ultimo decennio. Il tasso di cambio probabilmente non eserciterà la stessa spinta positiva per il mercato americano andando avanti. C’è spazio per ulteriore deprezzamento del dollaro se gli investitori globali continueranno a diversificare rispetto agli attivi americani e le preoccupazioni sul bilancio federale potrebbero amplificare questa tendenza.
I nostri modelli indicano la probabilità che l’azionario americano registri performance meno brillanti rispetto a quello di altri mercati nel prossimo decennio. Resta tuttavia una probabilità significativa che invece continui a sovraperformare. Non si deve puntare tutto solo su investimenti americani o non americani. Gli investitori devono mantenersi diversificati e in ottica di lungo termine potrebbero volere orientare lievemente di più i loro portafogli verso esposizioni globali.
La diversificazione naturalmente non riguarda soltanto l’aspetto dei rendimenti. In un mondo più frammentato, i Paesi puntano all’autosufficienza e i cicli economici stanno diventando meno correlati. Questo rende la diversificazione globale ancora più importante nell’ottica di riduzione del rischio nei portafogli.
Benché le nostre stime indichino crescita modesta, gli ultimi dati portano all’attenzione la possibilità di rialzo. In particolare è notevole l’aumento degli investimenti delle imprese soprattutto quelli legati all’IA. L’ondata di investimenti tecnologici ha fornito considerevole sostegno al PIL quest’anno, con dati preliminari che indicano che senza questa spinta la crescita sarebbe stata molto più debole. Se questo slancio si manterrà, sostenuto da condizioni finanziarie favorevoli, trasmissione soltanto modesta dei dazi ai prezzi e sostegno fiscale, potrebbero materializzarsi scenari di crescita più positivi.
Permangono tuttavia rischi di ribasso, in particolare sul mercato del lavoro dove la creazione di nuova occupazione ha subito un rallentamento. Soprattutto, il lato dell’offerta è in rapida evoluzione con modalità che aggiungono incertezza. I trend sul fronte dell’immigrazione e i previsti guadagni di produttività derivanti dall’IA stanno ridefinendo le dinamiche dell’occupazione e della produzione, rendendo sempre più difficile distinguere le oscillazioni cicliche dai cambiamenti strutturali e introducendo elementi di incertezza riguardo alla sostenibilità delle recenti sorprese positive sul fronte della crescita. Il contesto è in evoluzione e va seguito con stretta attenzione soprattutto alla luce dell’adattamento delle risposte delle politiche e degli investimenti a queste nuove realtà.
Previsioni economiche per gli Stati Uniti
  | 
Crescita del PIL  | 
Tasso di disoccupazione  | 
Inflazione di fondo (core)  | 
Tasso di politica monetaria  | 
Previsioni per fine anno  | 
1,4%  | 
4,5%  | 
3,1%  | 
4%  | 
Note: la crescita del PIL è definita come variazione del PIL reale (vale a dire al netto dell’inflazione) su base annua stimata nell’anno di previsione rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione è quello stimato per dicembre 2025. L’inflazione di fondo esclude le componenti volatili rappresentate dai prezzi di alimentari ed energia ed è riferita alla variazione percentuale su base annua dell’indice PCE stimata per dicembre 2025. Il tasso di politica monetaria è riferito all’estremo superiore dell’intervallo dei tassi sui fed fund fissato dalla Federal Reserve, stimato per fine anno.
Fonte: Vanguard.
Nel Regno Unito, in quest’ultimo anno la crescita è stata solida e vicina al potenziale. Guardando al di là delle attività anticipate del primo trimestre, prima dei dazi e dell’aumento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, la crescita dell’economia del Paese nella prima metà dell’anno è stata piuttosto equilibrata, con consumi, spesa pubblica e investimenti delle imprese che hanno dato tutti contributi significativi.
Siamo ottimisti sui risultati della seconda metà del 2025. La solidità degli investimenti nel primo semestre in un contesto di grande incertezza sul fronte del commercio globale, è un segnale incoraggiante per il secondo semestre. L’impegno del governo ad aumentare la spesa corrente continuerà a fornire impulso positivo. Prevediamo di conseguenza una crescita all’1,3% per il 2025 per il Regno Unito.
Nel 2026 la crescita potrebbe invece essere più sottotono. Questo principalmente in quanto la Cancelliera dello Scacchiere sarà costretta ad aumentare le tasse con la finanziaria d’autunno. Stimiamo che dovrà conseguire risparmi tra i 20 e i 30 miliardi di sterline per rispettare i vincoli di bilancio. Ci aspettiamo dunque una crescita solo dello 0,8% nel 2026.
Non prevediamo più ulteriori tagli dei tassi quest’anno da parte della Bank of England (BoE). Gli ultimi dati sul mercato del lavoro segnalano indebolimento ma non drastica flessione. In generale l’attività economica non mostra ancora segni di marcata debolezza. Prevediamo dunque che il prossimo taglio dei tassi da parte della BoE sarà spostato all’anno prossimo e che il tasso di politica monetaria si attesti al 3,25% a fine 2026.
Previsioni economiche per il Regno Unito
  | 
Crescita del PIL  | 
Tasso di disoccupazione  | 
Inflazione di fondo (core)  | 
Tasso di politica monetaria  | 
Previsioni per fine anno  | 
1,3%  | 
4,8%  | 
3,7%  | 
4%  | 
Note: la crescita del PIL è definita come variazione del PIL reale (vale a dire al netto dell’inflazione) su base annua stimata nell’anno di previsione rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione è quello stimato per dicembre 2025. L’inflazione di fondo esclude le componenti volatili rappresentate dai prezzi di alimentari, energia, alcolici e tabacchi, ed è riferita alla variazione percentuale su base annua dell’Indice dei prezzi al consumo (CPI), stimata per dicembre 2025. Il tasso di politica monetaria è il tasso bancario (bank rate) fissato dalla Bank of England stimato per fine anno.
Fonte: Vanguard.
Le prospettive dell’Area Euro dipendono da due dinamiche opposte. La prima è il freno esercitato sull’economia dall’aumento dei dazi americani, la cui aliquota effettiva probabilmente risulterà aumentata di circa 15 punti percentuali a fine 2025. La seconda è rappresentata dalla spinta positiva derivante da una politica di bilancio più espansiva, guidata dall’aumento delle spese per la difesa nella UE e dal pacchetto di investimenti in infrastrutture della Germania.
Le prospettive d’inflazione restano benevole. La Banca Centrale Europea (ECB) ha ottenuto un “soft landing”. L’inflazione e le aspettative d’inflazione sono entrambe vicine al 2%, e la crescita salariale si è considerevolmente moderata.
Gli ultimi dati sull’attività economica e sull’inflazione restano solidi e segnalano che si è chiusa la finestra per un ulteriore “taglio di sicurezza” da parte della BCE. Prevediamo pertanto che non ci sarà un taglio finale dei tassi quest’anno e che il tasso di politica monetaria resti al 2% sino a fine 2026. Tuttavia c’è il rischio che l’inflazione scenda al di sotto del target e d’altra parte anche la possibilità di ulteriore allentamento monetario l’anno prossimo.
Previsioni economiche per l’Area Euro
  | 
Crescita del PIL  | 
Tasso di disoccupazione  | 
Inflazione di fondo (core)  | 
Tasso di politica monetaria  | 
Previsioni per fine anno  | 
1,3%  | 
6,3%  | 
2,2%  | 
2%  | 
Note: la crescita del PIL è definita come variazione del PIL reale (vale a dire al netto dell’inflazione) su base annua stimata nell’anno di previsione rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione è quello stimato per dicembre 2025. L’inflazione di fondo esclude le componenti volatili rappresentate dai prezzi di energia, alimentari, alcolici e tabacchi, ed è riferita alla variazione percentuale su base annua dell’Indice armonizzato dei prezzi al consumo, stimata per dicembre 2025. Il tasso di politica monetaria è il tasso sui depositi fissato dalla BCE, stimato per fine anno.
Fonte: Vanguard.
L’economia giapponese è ancora in espansione, sostenuta dalla stabilità della domanda interna e da esportazioni migliori del previsto. Per le grandi imprese manifatturiere si registra una fiducia moderatamente più salda e l’attività negli altri comparti resta elevata. Al contempo, gli investimenti in software e digitalizzazione continuano a compensare le carenze di manodopera. Per le imprese più piccole, tuttavia, la pressione sui margini mantiene il sentiment fragile.
Gli effetti di choc precedenti, tra cui l’aumento dei prezzi delle importazioni e dei generi alimentari, sono previsti venire meno mentre si mantengono le pressioni inflazionistiche sottostanti. Queste ultime sono alimentate da carenze strutturali di forza lavoro che esercitano pressioni al rialzo sui salari e rafforzano un circolo virtuoso di crescita dei salari e aumenti dei prezzi a differenza degli ultimi decenni. (Il Giappone è stato alle prese con stagnazione economica e deflazione a lungo negli anni ’90 e nel nuovo millennio).
Con il picco di incertezza sugli scambi commerciali verosimilmente alle spalle e un’economia che si dimostra resiliente, ci aspettiamo che la Bank of Japan (BoJ) prosegua nel percorso di normalizzazione della politica monetaria, portando i tassi gradualmente a livelli più alti con l’evolvere delle condizioni economiche in linea con le sue previsioni.
Previsioni economiche per il Giappone
  | 
Crescita del PIL  | 
Tasso di disoccupazione  | 
Inflazione di fondo (core)  | 
Tasso di politica monetaria  | 
Previsioni per fine anno  | 
0,7%  | 
2,4%  | 
2,4%  | 
0,75%  | 
Note: la crescita del PIL è definita come variazione del PIL reale (vale a dire al netto dell’inflazione) su base annua stimata nell’anno di previsione rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione è quello stimato per dicembre 2025. L’inflazione di fondo esclude le componenti volatili rappresentate dai prezzi degli alimentari freschi, ed è riferita alla variazione percentuale su base annua dell’indice dei prezzi al consumo del Paese, stimata per dicembre 2025. Il tasso di politica monetaria è il tasso overnight fissato dalla Bank of Japan stimato per fine anno.
Fonte: Vanguard.
Il PIL superiore alle attese nel terzo trimestre e pari al 4,8% su base annua mantiene a portata di mano il conseguimento dell’obiettivo della Cina di crescita al 5% per il 2025. Esportazioni robuste hanno continuato a sostenere la produzione industriale nonostante la crescente incertezza sul commercio globale. Le sfide interne tuttavia persistono e il gap tra il vigore sul lato dell’offerta e la debolezza della domanda interna si è ampliato. Il deflatore del PIL (rapporto tra PIL nominale e PIL reale che esprime la variazione del livello dei prezzi) negativo per la 10a volta in 11 trimestri indica il protrarsi di un lungo periodo di deflazione in Cina. Anche se il recente rally del mercato azionario ha sospinto il settore finanziario a seguito dei maggiori scambi, i suoi effetti espansivi più in generale nell’economia reale potrebbero essere limitati.
Sul fronte globale, le rinnovate tensioni commerciali con gli Stati Uniti potrebbero attenuare il sentiment di mercato. Le tensioni presentano tuttavia un aspetto di posizionamento strategico prima del potenziale incontro tra i leader dei due Paesi all’imminente vertice APEC (Cooperazione Economica Asia-Pacifico).
Crediamo che uno stimolo generale sia improbabile sul breve termine in Cina. Tuttavia, il moderarsi della crescita e soprattutto la debolezza degli investimenti sembrano avere allertato le autorità rispetto alla necessità di un qualche sostegno fiscale, che dovrebbe favorire la domanda interna con l’arrivo del 2026, anche se in modo modesto. Prevediamo soltanto una lieve riduzione, di 10 punti base, dei tassi di riferimento per il resto dell’anno, per facilitare misure di bilancio espansive. Il 15° piano quinquennale di prossima pubblicazione definirà il programma di politiche strutturali del Dragone, fornendo indicazioni sulle linee di sviluppo strategiche.
Previsioni economiche per la Cina
  | 
Crescita del PIL  | 
Tasso di disoccupazione  | 
Inflazione di fondo (core)  | 
Tasso di politica monetaria  | 
Previsioni per fine anno  | 
5%  | 
5,1%  | 
0,5%  | 
1,3%  | 
Note: la crescita del PIL è definita come variazione del PIL reale (vale a dire al netto dell’inflazione) su base annua stimata nell’anno di previsione rispetto all’anno precedente. Il tasso di disoccupazione è quello stimato per dicembre 2025. L’inflazione di fondo esclude le componenti volatili rappresentate dai prezzi degli alimentari e dell’energia, ed è riferita alla variazione percentuale su base annua dell’indice dei prezzi al consumo del Paese, stimata per dicembre 2025. Il tasso di politica monetaria è il tasso sui pronti contro termine a sette giorni fissato dalla banca centrale cinese, stimato per fine anno.
Fonte: Vanguard.
Le previsioni di rendimento annualizzato a 10 anni di Vanguard per le varie classi di attivo sono state aggiornate sulla scorta delle ultime elaborazioni del Vanguard Capital Markets Model® (VCMM) sulla base dei dati al 30 giugno 2025.
Le nostre proiezioni di rendimento nominale annualizzato a 10 anni2, espresse in valuta locale per gli investitori sono le seguenti:

1Uno “scenario Goldilocks o Riccioli d’oro” indica un contesto economico “che è proprio quello giusto”, vale a dire non troppo surriscaldato né troppo raffreddato. L’espressione si ispira alla fiaba per bambini “Riccioli d’oro e i Tre Orsi”. Per i mercati finanziari l’espressione indica condizioni equilibrate che creano un contesto ottimale per la crescita e gli investimenti.
2 I dati sono basati su un intervallo di 2 punti intorno al 50° percentile della distribuzione dei risultati di rendimento per l’azionario e su un intervallo di 1 punto intorno al 50° percentile per l’obbligazionario.
IMPORTANTE: Le proiezioni e le altre informazioni ottenute col Vanguard Capital Markets Model per quanto riguarda la probabilità dei diversi risultati degli investimenti sono di natura ipotetica non rispecchiano risultati di investimenti reali e non sono garanzia di rendimenti futuri. I risultati del VCMM variano ogni volta che lo si utilizza e nel tempo. Le proiezioni ottenute col VCMM sono basate su un’analisi statistica di dati storici. I rendimenti futuri possono avere un andamento diverso dai modelli storici catturati nel VCMM. È importante notare che il VCMM potrebbe sottostimare gli scenari negativi non osservati nei periodi storici nei quali è basato il modello di stima.
Il Vanguard Capital Markets Model® è uno strumento di simulazione finanziaria proprietario, sviluppato e gestito da esperti di ricerca e consulenti qualificati di Vanguard. Il modello prevede le distribuzioni dei rendimenti futuri di una vasta gamma di classi di attivi. Tra le classi di attivi figurano i mercati azionari statunitensi e internazionali, buoni del tesoro statunitensi e mercati dei titoli societari obbligazionari con diverse scadenze, mercati obbligazionari internazionali, mercati monetari statunitensi, materie prime e alcune strategie d’investimento alternative. Il fondamento teorico ed empirico del Vanguard Capital Markets Model è che i rendimenti delle diverse classi di attivi rispecchiano la contropartita richiesta dagli investitori per assumersi diversi tipi di rischio sistematico (beta). Al centro del modello vi sono le stime del rapporto statistico dinamico tra fattori di rischio e rendimenti degli attivi, ottenute da analisi statistiche basate sui dati finanziari ed economici mensili disponibili a partire dagli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso. Tramite un sistema di equazioni stimate, il modello applica un metodo di simulazione Monte Carlo per proiettare i rapporti stimati tra i fattori di rischio e le classi di attivi, come pure l’incertezza e la casualità nel tempo. Il modello produce un’ampia serie di risultati simulati per ogni classe di attivi su diversi orizzonti temporali. Le previsioni si ottengono attraverso misure di tendenza centrale in tali simulazioni. I risultati ottenuti con lo strumento variano ogni volta che lo si utilizza e nel tempo.
Il valore primario del VCMM sta nella sua applicazione all’analisi dei potenziali portafogli dei clienti. Le previsioni per le classi di attivo del VCMM, comprese le distribuzioni della volatilità, delle correlazioni e dei rendimenti attesi, sono cruciali per la valutazione dei potenziali rischi di ribasso, dei diversi trade-off tra rischio e rendimento e dei benefici di diversificazione delle varie asset class. Sebbene le tendenze centrali siano elaborate in qualsiasi distribuzione dei rendimenti, Vanguard si focalizza sull’intero range di risultati potenziali per gli attivi considerati, come i dati presentati in questo documento, il che rappresenta la modalità più efficace per utilizzare le elaborazioni del VCMM.
Il VCMM mira a rappresentare l’incertezza nella previsione generando un’ampia gamma di potenziali risultati. È importante riconoscere che il VCMM non impone “normalità” alle distribuzioni dei rendimenti ma piuttosto è influenzato dalle cosiddette code spesse e dall’asimmetria nella distribuzione empirica dei rendimenti delle classi di attivo modellizzate. All’interno del range di risultati, le singole esperienze possono essere molto diverse, il che evidenzia la natura varia dei potenziali percorsi futuri. In effetti, questo è uno dei principali motivi per cui approcciamo le prospettive di rendimento degli attivi nella cornice della distribuzione.
Informazioni sui rischi d’investimento
Il valore degli investimenti e il reddito da essi derivante possono diminuire o aumentare e gli investitori potrebbero recuperare un importo inferiore a quello investito.
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