• Le recenti significative emissioni di obbligazioni hanno messo alla prova l’appetito degli investitori mentre l’incertezza macroeconomica e geopolitica pone un’ulteriore sfida.

  • I motivi per investire in obbligazionario restano solidi alla luce degli interessanti rendimenti al netto dell’inflazione e le proprietà di mitigazione del rischio di ribassi che questa classe di attivo offre.

  • L’obbligazionario governativo globale in portafoglio può offrire una modalità per contrastare il rischio idiosincratico di un singolo mercato e al contempo bassa correlazione con i maggiori mercati azionari. 

1. Aumento delle emissioni di obbligazioni e domanda in evoluzione

Nella parte iniziale di settembre si è osservato un aumento delle emissioni di obbligazioni a livello globale sia in Europa sia negli Stati Uniti1. Questa ondata di offerta, tipica del periodo successivo al “Labor Day” americano (primo lunedì di settembre), ha riscosso forte interesse da parte degli investitori come dimostrano le sottoscrizioni da due a quindici volte superiori all’offerta. Nonostante l’elevata domanda, i tassi obbligazionari hanno continuato a salire, evidenziando una dinamica complessa tra offerta e appetito di rischio. 

Questo contesto di apparente incongruenza è il riflesso sia della domanda robusta sia dell’emergere di segnali di affaticamento fra gli investitori obbligazionari. Le nuove emissioni vengono assorbite ma l’entità stessa dei volumi mette alla prova la capacità di mercato, soprattutto in un momento in cui gli investitori valutano con attenzione le implicazioni di tassi più elevati e la possibilità di un’ulteriore offerta. Il risultato è un mercato in evoluzione, con formazione dei prezzi e premi al rischio che cambiano in continuazione.

Per gli investitori questa dinamica mette in luce il delicato equilibrio tra domanda e offerta in quanto il quadro può cambiare velocemente al mutare del sentiment degli investitori o delle condizioni finanziarie.

2. Resilienza macroeconomica degli Stati Uniti e dilemma per la Fed  

L’economia degli Stati Uniti ha continuato a sorprendere positivamente rispetto alle aspettative. Il PIL del secondo trimestre è stato rivisto al rialzo al 3,3% e le proiezioni indicano quello del terzo trimestre al di sopra del tendenziale e intorno all’1,6%, secondo dati Bloomberg2. Il vigore della crescita economica si riflette sul mercato del lavoro, con crescita dei salari e occupazione stabile che hanno alimentato l’inflazione nella componente dei servizi. L’inflazione più in generale resta ancorata vicino al 3%, un livello che storicamente indurrebbe la Federal Reserve (Fed) ad alzare anziché abbassare i tassi ufficiali. 

Tuttavia il mercato riflette sempre più nei prezzi livelli dei tassi che contrastano con i messaggi della Fed e indicano aspettative di tagli dei tassi ufficiali anche se crescita e inflazione restano elevate. Gli ultimi dati sui nuovi occupati escluso il settore agricolo hanno deluso le aspettative con solo 22.000 posti di lavoro creati nell’economia americana ad agosto e portato il mercato a riflettere nei prezzi l’aspettativa di ulteriori tagli dei tassi ufficiali.  Con l’inflazione che tende a restare al di sopra del target del 2% della Fed, la banca centrale americana è alle prese con una situazione delicata.

3. Dazi e pressioni strutturali sull’inflazione

L’aumento dei dazi e le persistenti tensioni commerciali hanno riacceso timori di inflazione, tuttavia i dati suggeriscono che l’impatto sarà graduale. Negli Stati Uniti la trasmissione ai prezzi al consumo dovrebbe essere più lenta di quanto previsto inizialmente, con picco dell’inflazione nel 2026 e sua attenuazione nell’arco di mesi. Fattori strutturali quali un mercato del lavoro surriscaldato in modo perdurante, una politica fiscale persistentemente espansiva o una Federal Reserve eccessivamente accommodante, potrebbero alimentare un aumento più persistente dell’inflazione, ma non rientrano nel nostro scenario di base per i prossimi uno – due anni.

Le imprese americane sono state abili nel gestire l’evoluzione del quadro dei dazi, mettendo in atto misure per mitigare la temuta impennata dei costi. Accumulando scorte a magazzino con acquisti anticipati e cambiando partner commerciali sono riuscite a mantenere stabili i livelli delle importazioni riducendo al contempo la dipendenza da Paesi con dazi più alti come la Cina. Questa capacità di adattamento coniugata al rallentamento della domanda dei consumatori ha consentito a molte imprese di assorbire i costi dei dazi riducendo i margini. Questa strategia ha dei limiti ma segnala che il trasferimento ai prezzi avverrà in modo graduale nel tempo.

4. Incertezza sul fronte delle politiche in Europa

I mercati obbligazionari europei sono alle prese con un periodo di accentuato rischio politico e fiscale. Nel Regno Unito i recenti collocamenti di titoli di debito pubblico sono andati bene ma l’attenzione del mercato si sta spostando sulla prossima legge di bilancio che sarà presentata a novembre e sul potenziale di riforma fiscale. L’Office for Budget Responsibility britannico potrebbe abbassare le stime di crescita a lungo termine, costringendo il governo a trovare ulteriori spese da tagliare o fonti di entrate per il bilancio pubblico. Tuttavia i rendimenti sui titoli di debito pubblico del Regno Unito oggi sono a livelli interessanti, con tassi del trentennale governativo ai livelli più alti degli ultimi 27 anni3.

La Germania è in una fase di passaggio strutturale dalla scarsità all’abbondanza di emissioni di titoli di debito pubblico con conseguente riprezzamento dei rendimenti dei Bund e compressione degli spread. La prossima tornata di emissioni prevista per il quarto trimestre sarà osservata con grande attenzione in quanto attesa fornire indicazioni sulle dinamiche di domanda e offerta in vista del 2026. Molti investitori stanno soppesando l’attrattività dei rendimenti più alti dei Bund rispetto al rischio di eccesso di offerta. 

In Francia è stato da poco nominato un nuovo primo ministro dopo che il premier precedente è stato sfiduciato dal Parlamento nell’ambito del dibattito sul consolidamento fiscale e sui tagli di spesa. Sebbene sia improbabile un drastico cambiamento della traiettoria generale di finanza pubblica, il rischio politico resta tuttavia una variabile importante, con il potenziale di cambiamenti delle politiche, sorprese nelle misure di bilancio e reazioni di mercato nell’Area Euro, sia in Paesi core che in quelli periferici.  

5. Il valore strategico della diversificazione globale in portafoglio

Nel contesto di tali complessità, la diversificazione su scala globale oggi è più importante che mai. L’analisi storica indica che non c’è nessun singolo mercato obbligazionario che registra regolarmente sovraperformance e che gli indici globali hanno conseguito performance superiore su base corretta per il rischio e minori ribassi4. Per gli investitori che si preoccupano della volatilità e del rischio idiosincratico, ampliare l’esposizione in termini di regioni e settori può rafforzare la resilienza del portafoglio e il potenziale di performance corretta per il rischio5

Un’allocazione in obbligazionario governativo globale, disponibile attraverso fondi Vanguard tra cui il nuovo Vanguard Global Government Bond Index Fund, consente inoltre agli investitori di ridurre la correlazione rispetto ai mercati azionari. Come illustra la tabella successiva, anche se determinate esposizioni all’obbligazionario governativo di un singolo Paese presentano correlazioni positive con l’azionario, la correlazione complessiva per l’obbligazionario governativo globale è negativa rispetto sia all’azionario americano sia a quello globale (rappresentati rispettivamente dall’S&P 500 e dall’MSCI World). Pertanto l’obbligazionario governativo globale offre non solo ampia diversificazione all’interno dell’obbligazionario ma anche nell’ambito del portafoglio in quanto aiuta a bilanciare parte del rischio associato all’azionario. 

Con un’allocazione globale gli investitori possono ridurre la correlazione con l’azionario

Correlazioni su periodi mobili a 3 mesi, sugli ultimi 10 anni

la tabella mostra la bassa correlazione tra l’obbligazionario governativo globale e l’azionario americano e globale

Fonte: Vanguard e Bloomberg.

Nota: correlazione su periodi mobili a tre mesi, sulla base del NAV, dati per il periodo dal 31 dicembre 2014 al 31 gennaio 2025. Indici: per l’obbligazionario governativo globale, il Bloomberg Global Treasury Developed Countries Float Adjusted Hedged EUR; per l’obbligazionario governativo del Regno Unito, il Bloomberg Global Agg GBP Government Float Adjusted Total Return Index; per l’obbligazionario governativo Euro, il Bloomberg Euro Government Float Adjusted Total Return Index; per l’obbligazionario governativo italiano, il Bloomberg Italy Government All Bonds Total Return Index; per l’azionario americano, l’indice S&P 500; per l’azionario globale, l’indice MSCI World. 

Con l’erodersi delle riserve di liquidità e l’intensificarsi delle tensioni politiche, le esposizioni all’obbligazionario governativo globale possono aiutare gli investitori a costruire portafogli capaci di fare fronte alle sfide che possono sorgere e al contempo cogliere il rendimento e i benefici di diversificazione che l’obbligazionario di alta qualità ha da offrire.   
 

1 Fonte: Bloomberg, al 12 settembre 2025.

2 Fonte: Bloomberg, Previsioni economiche sul PIL degli Stati Uniti, al 28 agosto 2025.

3 Fonte: Bloomberg, dal 31 dicembre 1997 al 31 agosto 2025. Il rendimento al 31 agosto 2025 era del 5,6%.

4 Fonte: Bloomberg, per il periodo dal 31 luglio 2005 al 31 luglio 2025.

5 Fonte: elaborazioni di Vanguard sulla base di dati Bloomberg, per il periodo dal 31 gennaio 2009 al 31 agosto 2025. Performance corretta per il rischio calcolata sulla base della performance annualizzata rispetto alla deviazione standard annualizzata del periodo.

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