Il punto di Shaan Raithatha, economista di Vanguard.

Quando è apparso chiaro all’inizio del 2020 che la pandemia di Covid-19 avrebbe sconvolto l'economia globale, le banche centrali sono intervenute rapidamente, tagliando i tassi d’interesse fin quasi a zero e adottando programmi di acquisto dei titoli di stato e delle obbligazioni corporate del valore di centinaia di miliardi di dollari, euro e sterline.

La crisi finanziaria globale era ancora abbastanza viva nella memoria perché non si sottovalutassero i pericoli rappresentanti da interventi non repentini o da interventi non sufficientemente audacii. E la natura dello shock pandemico prometteva di differenziarsi daquello della crisi finanziaria globale, provocato dall’uomo e strutturale.

Le banche centrali e i politici si sono sentiti sufficientemente sicuri di essere in grado di traghettare la situazione oltre il baratro creato dalla pandemia.

Adesso, nel clima di speranza che i vaccini, nel corso dell’anno, possano produrre l’immunità e far ripartire l'economia, gli investitori iniziano a interrogarsi su che cosa ci aspetti guardando avanti. Che cosa succederà quando inizierà a venir meno l’approccio audace del “whatever it takes” per le politiche monetarie e fiscali?

Siamo ancora in piena fase pandemica

Gli investitori non dovrebbero dimenticare che il mondo è ancora in gran parte nel bel mezzo della crisi pandemica, sia sotto il profilo umano, sia sotto quello economico. Questo rende necessario che la risposta “politicy makers” resti espansiva nei mesi a venire.

Non siamo ancora affatto fuori dalla pandemia. Adesso la sensazione che proviamo è quella di essere più in una situazione di emergenza e crediamo di avere una maggiore comprensione di come sarà la situazione futura, grazie allo sviluppo dei vaccini. L’andamento dell’economia dipende però ancora in larga misura dai miglioramenti a livello sanitario.

L’idea è quella di evitare che la situazione lasci il segno, mettendo in campo ulteriori misure finalizzate a far fronte al calo dell’attività economica, affinché ciò non si traduca in fallimenti e perdita permanente dei posti di lavoro.

Un sostegno fiscale e monetario senza precedenti

Note: I cambiamenti delle politiche fiscali sono rappresentati dai cambiamenti del bilancio primario adggiustato per il ciclo dal 2019 al 30 settembre 2020.

Fonti: Vanguard, US Congressional Budget Office, Board of Governors of the US Federal Reserve System e Fondo Monetario Internazionale al 30 settembre 2020.

A marzo del 2020 il governo degli Stati Uniti ha promulgato il CARES Act per un valore di 2.200 miliardi di dollari e a dicembre ha deciso un ulteriore pacchetto di aiuti per 900 miliardi di dollari e sta valutando ulteriori misure di sostegno. La US Federal Reserve si è impegnata ad acquistare a tempo indeterminato obbligazioni governative statunitensi e titoli pubblici garantiti da ipoteca per non meno di 120 miliardi di dollari al mese.

A dicembre un’analoga misura di sostegno adottata dalla Banca Centrale Europea ha esteso il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme) fino a complessivi 1.850 miliardi di euro (2.250 miliardi di dollari USA) e esteso il termine per gli acquisiti almeno fino a marzo del 2022. Sul versante fiscale la maggior parte dei governi europei ha aumentato il deficit di bilancio rispetto all'anno precedente a sostegno dell’occupazione e delle imprese. I pagamenti a fronte del Next Generation EU, piano di sostegno del valore di 750 miliardi di euro (910 miliardi di dollari USA), iniziano quest’anno.

La Banca d'Inghilterra ha aumentato il suo obiettivo per le partecipazioni in Titoli di Stato di £ 150 miliardi nella riunione di novembre 2020, a £ 875 miliardi (USD 1,2 trilioni). L'Ufficio britannico per la responsabilità di bilancio, nel suo ultimo rapporto sulle prospettive economiche e fiscali a novembre, ha stimato che il governo avrebbe preso in prestito £ 394 miliardi (USD 540 miliardi) nell'anno fiscale che termina il 5 aprile 2021, rispetto a una stima pre-pandemia di £ 55 miliardi.

Nel frattempo è opinione molto diffusa che la Cina sia riuscita a controllare efficacemente la diffusione del virus. Le misure di stimolo fiscale e monetarie adottate dal gigante asiatico sono modeste se confrontate a quelle di altri paesi importanti e nel 2020 la sua economia ha fatto registrare una crescita.

Politiche monetarie espansive comportano  migliori condizioni di indebitamento

Note: La previsione rappresenta il 3,5% di crescita del PIL nominale, con un costo medio degli interessi sul debito dell’1,2% e un deficit di bilancio del 2,5%. Le eventuali proiezioni devono essere considerate ipotetiche e non rispecchiano né garantiscono risultati futuri.

Fonti: Calcoli Vanguard, sulla base dei dati Refinitiv e del Fondo Monetario Internazionale, al 30 settembre 2020.

La combinazione di misure fiscali di sostegno e di politiche monetarie accomodanti non è causale: i programmi di quantitative easing d’emergenza hanno contribuito a non aggravare le condizioni finanziarie, il che, a sua volta, ha consentito ai governi di prendere a prestito ingenti somme a condizioni più favorevoli.

Con la pandemia di Covid-19 ancora in fase attiva, non prevediamo nessuna normalizzazione delle politiche monetarie almeno per i prossimi 12 mesi. In Europa i rischi sono al momento sbilanciati verso un’ulteriore accelerazione a breve degli acquisiti in regime di quantitative easing in una situazione di ulteriori restrizioni dovute al contenimento dei contagi.

La situazione di bassi tassi d’interesse dovrebbe aiutare i governi ad evitare le conseguenze delle misure di austerità restrittive che avevano allungato i tempi della ripresa dalla crisi finanziaria globale, soprattutto in Europa. Il denaro preso a prestito dai governi per finanziare la ripresa dalla pandemia è bloccato agli attuali tassi ultra bassi.

I rapporti debito-PIL dei governi dovrebbero diminuire gradualmente nel tempo, fino a che la crescita del PIL nominale resterà superiore al costo nominale dell’indebitamento e il deficit di bilancio inizierà a normalizzarsi rispetto agli attuali livelli eccezionali. E’ ragionevole attendersi che questo avvenga una volta cessata la minaccia del Covid-19,

Come reagiranno gli investitori a un balzo dell’inflazione?

Benché la lotta alla pandemia resti un argomento centrale e di primaria importanza, anche gli investitori attenti al lungo periodo hanno iniziato a dare segni di nervosismo circa i tempi e le implicazioni di una riduzione delle misure di sostegno. Si tratta tuttavia di una decisione che secondo quanto affermato dalla US Federal Reserve il 27 gennaio è ancora prematuro considerare. Ancora una volta, vale la pena fare riferimento a quanto accaduto in occasione dellacrisi finanziaria globale: i in occasione del cosidetto “taper tantrum”, nel 2013 i rendimenti delle obbligazioni governativestatunitensi erano andati alle stelle a seguito delle notizie che la Fed avrebbe ridotto gli acquisiti di titoli. Questa volta invece la Fed sottolinea che l'eventuale revisione al ribasso degli acquisti di titoli verrà comunicata con congruo anticipo.

La revoca del quantitative easing è un primo passo logico verso la normalizzazione delle politiche monetarie, la cui leva principale è il tasso d’interesse di riferimento. La paura serpeggiante tra gli investitori è che l’inflazione possa portare a un rialzo dei tassi e che tale situazione possa non essere troppo lontana. Prevediamo che verso la metà dell’anno si avrà negli Stati Uniti un discreto balzo dell’inflazione oltre il 2%. Che cosa significa ciò per la psicologia degli investitori?

Vanguard ritiene che si tratterà di un rialzo transitorio, in parte per via degli effetti base, o di comparazione con i livelli bassi degli anni precedenti. Le forze strutturali manterranno l’inflazione annua degli Stati Uniti al di sotto dell’obiettivo del 2% della Fed. Si dovrebbe inoltre anche tener presente che la Fed nel 2020 ha adottato una strategia basata su un “obiettivo d’inflazione medio”, consentendo all’inflazione di andare oltre il valore prestabilito senza dover dar luogo a un rialzo dei tassi - a condizione che l’inflazione media resti nel tempo al 2%.

Esiste un rischio per i portafogli, che sono supportati dal sostegno delle politiche espansive: l’eventuale venir meno della pandemia potrebbe innescare una forte domanda e favorire “spiriti animaleschi” che andrebbero a influire sulla psicologia dell’inflazione, inducendo la Fed a intervenire prima di quanto attualmente previsto. Una situazione di questo tipo potrebbe comportare perdite di capitale nei portafogli obbligazionari e far venir meno alcune delle giustificazioni delle attuali valutazioni più elevate che stanno attualmente supportando i mercati azionari.

Per quest’anno Vanguard non prevede che si materializzerà una simile situazione. Come facciamo rilevare nell’ Outlook Vanguard 2021, riteniamo improbabile che i tassi a breve aumenteranno nei principali paesi sviluppati finchè le politiche monetarie resteranno decisamente accomodanti. E riteniamo altresì che le azioni globali non siano eccessivamente sopravvalutate, né che produrranno rendimenti fuori della norma.

Tuttavia cercare di stabilire se e quando gli scenari potenziali si verificheranno è un rischio sempre presente per gli investitori. Ed è per questo che invitiamo gli investitori professionali a fare in modo che i portafogli obbligazionari dei loro clienti siano ben diversificati in tutte le sottoclassi d’investimento e in tutte le regioni, abbiano bassi costi d'investimento e una visione di lungo periodo.

Informazionisui rischi d’investimento

Il valore degli investimenti e il reddito da essi derivante possono diminuire o aumentare e gli investitori potrebbero recuperare un importo inferiore a quello investito.

Eventuali proiezioni devono essere considerate di natura ipotetica e non rispecchiano né garantiscono risultati futuri.

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